Il mondo Atlantic Academy si è sviluppato con un chiaro obiettivo in mente: formare e preparare gli studenti al mondo del lavoro in un’ottica completa.
Questo significa che le persone che frequentano i corsi Academy non devono solo apprendere nozioni pratiche, ma anche acquisire attributi utili alla ricerca del lavoro: stiamo parlando quindi del tema SOFT SKILLS.
Insieme a Claudia Stagni, referente di Atlantic Academy e della ricerca e selezione per il Gruppo Atlantic, abbiamo affrontato questo tema, ad oggi sempre estremamente rilevante.
Claudia ha infatti condiviso con noi preziose intuizioni sull’importanza delle soft skills nel processo di selezione e sviluppo dei talenti.
Ogni corso Academy prevede quindi 4 ore di soft skills, tenute dalla docente Gaia Baravelli, utili alla formazione completa e alla preparazione dello studente al difficile mondo della ricerca dei talenti.
Claudia, qual è l’obiettivo delle lezioni di soft skills all’interno di Atlantic Academy?
Le lezioni di soft skills sono una parte essenziale dell’offerta formativa dell’Atlantic Academy fin dal primo corso. Sono condotte con maestria da Gaia Baravelli, una professionista con cui collaboriamo da tempo. L’obiettivo principale di queste lezioni è sviluppare le competenze trasversali che non solo favoriscono il successo professionale, ma anche la crescita personale dei partecipanti.
Quali sono gli elementi distintivi delle lezioni di soft skills presso Atlantic Academy?
Le lezioni sono spesso personalizzate per soddisfare le esigenze del gruppo specifico.
A grandi linee, le lezioni si suddividono in una parte teorica, durante la quale vengono date indicazioni in merito alla preparazione del proprio CV, della propria pagina Linkedin e a come sostenere dei colloqui efficaci, e in una parte pratica, che prevede un coinvolgimento diretto dei partecipanti, spesso in “giochi di ruolo”, per far passare meglio i messaggi e far provare agli studenti, magari alle prime esperienze, cosa voglia dire trovarsi di fronte ad un recruiter.
Questo approccio pratico consente loro di applicare immediatamente ciò che imparano e di affinare le loro abilità comunicative e relazionali.
Il tema della selezione è quindi al centro
Certo. La selezione è un processo rigoroso, per questo vi dedichiamo massima attenzione.
Noi vogliamo preparare gli studenti al colloquio sia telefonico che in presenza.
Solitamente cerchiamo di far capire allo studente che oltre alle competenze tecniche, la presentazione è fondamentale per distinguersi: di fronte al recruiter, tu devi riuscire a dimostrare il tuo valore, ciò che ti rende una risorsa per l’azienda stessa.
Parliamo quindi della comunicazione verbale e non, dell’atteggiamento da tenere, ma anche di cose più “superficiali”, per modo di dire: come vestirsi, per esempio.
Personalmente, l’attitudine positiva e un forte desiderio di crescita personale e professionale sono sicuramente elementi che favoriscono l’individuo nella fase di colloquio.
Inoltre, un altro aspetto di fondamentale importanza, è il recuperare informazioni riguardanti l’azienda, in modo tale che alla famosa domanda “Come mai ha mandato la candidatura a noi?” o anche “Conosce già qualcosa dell’azienda?” si possa rispondere in maniera consapevole e completa e si possano poi porre domande significative durante il processo di selezione.
Dopo tanti anni di esperienza nella fase di recruiting, questi rientrano tra i segnali più importanti.
Il giudizio viene da entrambi le parti, però…
Assolutamente sì.
Ci tengo molto a far capire ai corsisti che non devono porsi in una posizione passiva, ma attivare l’istinto e cercare di capire se l’azienda per cui stanno facendo il colloquio è quella adatta a loro.
Se il recruiter infatti si dimostra arrogante, poco disponibile a lasciare informazioni sull’azienda o sulla posizione stessa, oppure si fissa troppo su questioni personali, magari l’azienda non è quella giusta per noi.
Insomma ci sono delle Red Flags a cui dobbiamo prestare attenzione.
Il tema questioni personali è molto delicato, tu cosa ne pensi?
Personalmente dico sempre ai ragazzi di affidarsi sempre al loro istinto.
È ovvio che per determinate posizioni sia necessario avere qualche informazione personale (l’età, per dire, è una discriminante se si parla di apprendistati).
Ma se il candidato nello specifico non è proprio agio a rispondere a determinate domande, è giusto che non lo faccia.
È anche vero, però, che dall’altra parte l’azienda ha diritto di scegliere il candidato che giudica migliore per la posizione.
Quindi sì: il tema è molto delicato e c’è ancora tanta strada da fare.
Quali consigli puoi offrire ai candidati per massimizzare le loro possibilità di successo?
Un consiglio fondamentale è dimostrarsi affidabili, sia per quanto riguarda gli orari (fare tardi ad un colloquio di lavoro è un bruttissimo segno) sia nel prepararsi (sull’azienda, ma anche sulla propria esperienza lavorativa passata, ad esempio).
Inoltre, come dicevo, è importante fare domande durante l’intervista per valutare la prospettiva di crescita, il turnover e le politiche aziendali, ad esempio.
Infine, consigliamo ai candidati di cercare di dimostrarsi flessibili e professionali, sin dal primo colloquio telefonico, che è quello che determinerà poi l’avvenuta di un colloquio in presenza.
Se, ad esempio, ad un colloquio mi fai capire da subito che hai fretta di finire perché hai altro da fare, l’idea che si forma nell’immediato è “ottenere questo lavoro non è per te una priorità”.
D’altro canto, ogni recruiter che sappia fare il suo lavoro, sa anche che, nel momento in cui contatta telefonicamente una persona, non può aspettarsi che ci sia massima disponibilità, perché giustamente ognuno ha i propri impegni; a quel punto, se si viene contattati mentre si è impegnati, basta chiedere con educazione di poter fissare il colloquio telefonico in un altro momento.
Due cose molto importanti in questo caso: se si chiede al recruiter di potersi sentire, ad esempio, alle 16, bisogna essere puntuali (se si fissa un orario bisogna poi essere sicuri della puntualità) e, secondo ma non meno importante, bisogna ricordarsi che il recruiter è una persona con una vita al di fuori dell’ambito lavorativo, come tutti, quindi evitare di chiedere di essere contattati ad orari improbabili (es. 7 del mattino, pausa pranzo, dopo le 18 di sera, ecc…); se a quell’ora tu non lavori, perché dovrebbe farlo il recruiter?
Un mantra che cerchi di passare durante le lezioni?
La ricerca del lavoro È un lavoro: dedicaci tempo, impegno e costanza.
Nessuno ti regalerà mai un’occupazione.